Nacque in Firenze nel quartiere di S. Martino da donna Bella, prima moglie di Alighiero di Bellincione ed ebbe al fonte di S.
Giovanni il nome di Durante, abbreviato familiarmente in Dante. La stirpe degli Alighieri era un ramo della nobile casa degli Elisei, decaduto e
impoverito, tanto da vivere scarsamente delle rendite fondiarie. Ma Dante fu fierissimo della nobiltà del suo sangue, cui più volte accenna
nelle sue opere. Fanciullo e giovinetto frequentò, pare, le scuole dei Francescani di Santa Croce, ma la rettorica, e specialmente l’ars
dictaminis, più che nella scuola l’apprese dalla familiarità con ser Brunetto Latini, dal quale, per sua testimonianza, imparò
pure, cosa assai più importante, “comme l’uom s’eterna”. Amò i classici latini che allora si leggevano nelle scuole:
Boezio e Livio, Cicerone e Seneca, Ovidio e Orazio, ma soprattutto Virgilio, suo maestro e suo autore, dal quale derivò “lo bello
stile”. Molto si dilettò anche nell’apprendimento della musica e del disegno. Alla poesia volgare si dedicò fin da ragazzo e da
sé apprese l’arte “di dire parole per rima” e fu presto in grado di entrare in corrispondenza e in gara con i trovatori del suo
tempo, non solo fiorentini: più che con gli altri si legò a Guido Cavalcanti e Lapo Gianni.
Sotto l’influenza del Guinizelli
egli stesso divenne maestro dei suoi amici ed elaboratore della poetica del Dolce Stil Novo. Furono questi studi e questi saggi poetici un aspetto della
sua educazione e della sua vita di giovane gentiluomo, che si preparava a prender parte attiva alla vita del Comune. Si esercitò nelle armi,
combatté per la patria e per Parte guelfa fra i feditori (truppe a cavallo) a Campaldino e fu presente alla presa del castello di Caprona. Fu tra i
gentiluomini deputati dal Comune ad accativarsi la stima e l’amicizia del giovane principe Carlo Martello d’Angiò quando, nel 1294,
questi si fermò a lungo a Firenze.
Il padre fin dal 1277 aveva fatto per lui, fanciullo, contratto di nozze con la piccola Gemma, figlia
di Manetto Donati; seguirono le nozze celebrate attorno al 1295. Da questo matrimonio, che forse non fu molto felice, nacquero vari figli: Pietro, Jacopo,
Antonia e pare anche un Alighiero, un Gabriello, un Eliseo, morti. Ma altri amori ebbe Dante in giovinezza: soprattutto il primo, e più lungamente
rivissuto nella memoria e trasfigurato e indiato, ha interesse per noi, perché permea tutta l’opera del poeta: l’amore per
Beatrice.