Antonio Pizzuto (Palermo 1893 - Roma 1976) è il narratore più originale del nostro Novecento. Educato in una famiglia di tradizioni umanistiche, percorse la carriera in Polizia, conclusa nel 1949 con il grado di questore. Da allora si dedicò interamente a quella che considerava una vera riforma dell’arte narrativa, esemplata in una sequenza di opere che rimane memorabile per l’audacia crescente delle proposte: Signorina Rosina (1956, 1959 e 1967); Si riparano bambole (1960 e 1973); Ravenna (1962); Paginette (1964 e 1972); Sinfonia (1966 e 1974); Testamento (1969); Pagelle I e II (1973 e 1975); Ultime e Penultime (1978). Apprezzato a suo tempo da lettori come Solmi, Bilenchi, Baldacci, Bo, Contini, Butor, Segre, Pedullà, Jacobbi, è in questi ultimi anni oggetto di una riscoperta che ha portato alla pubblicazione di quasi tutto l’inedito: dai romanzi ‘giovanili’ Rapin e Rapier (Editori Riuniti, 1998), Così (Polistampa, 1998), Sinfonia 1923 (Mesogea, 2005), ai racconti raccolti in Narrare (Cronopio, 1999); dai carteggi con Giovanni Nencioni, con Gianfranco e Margaret Contini (Polistampa, 1998 e 2000), con Salvatore Spinelli (Nuova Ipsa, 2001 e 2003), con Lucio Piccolo (Scheiwiller, 2002), con Vanni Scheiwiller (Scheiwiller, 2005), con Carlo Betocchi (Polistampa, 2006), con Alberto Mondadori (Polistampa, 2007), alle produzioni estreme: Giunte e virgole (Fondazione Piazzolla, 1996), Spegnere le caldaie (Casta Diva, 1999). Nel 2001 sono apparse nuove edizioni di Si riparano bambole (Sellerio) e di Ultime e Penultime (Cronopio); nel 2002 quelle di Ravenna e Paginette; nel 2004 quelle di Signorina Rosina e Sul ponte di Avignone (Polistampa); nel 2009 quella di Testamento (Polistampa).