Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Margherita Hack e, a voler essere precisi, il giorno esatto è stato il 12 giugno, quando Firenze, città natale della grande astronoma, ha reso omaggio con varie manifestazioni istituzionali al prezioso contributo che la sua concittadina ha dato alla Scienza. Anche Orbita culturale si unisce alle celebrazioni giustamente tributate alla Hack, ricordandola attraverso uno dei suoi libri, “La mia vita in bicicletta”, edito da Ediciclo, un’autobiografia in cui la scienziata ripercorre le tappe della propria esistenza attraverso le sue grandi passioni: l’astrofisica, lo sport, gli animali e, in particolare, la bicicletta. Un’opera breve dalla quale appare chiaramente la personalità forte e sicura della Hack, la sua curiosità, la determinazione e l’ottimismo che hanno accompagnato ogni passo della sua vita o forse sarebbe meglio dire “ogni pedalata”, poiché all’amore per le stelle, Margherita aveva unito quello per la bicicletta con cui aveva percorso in lungo e in largo dapprima i dintorni di Firenze, poi la Toscana e, negli anni successivi al suo trasferimento, Trieste e il territorio circostante. Tuttavia, sarebbe riduttivo considerare “La mia vita in bicicletta” solo come un compendio di ricordi legati alle due ruote.
La realtà è ben diversa: in questo volume snello e godibile, si trovano spiegazioni di fisica, di astrofisica, perle di pensiero legate all’energia nucleare, alle energie rinnovabili e agli effetti dannosi del surriscaldamento della sfera terrestre. È davvero incredibile come un libro uscito nel 2011 sia tanto attuale, non solo per l’ineludibile e urgente dibattito sulle fonti di energia rinnovabile e sull’emergenza ambientale, ma anche per le riflessioni sul regime dittatoriale nazi-fascista, tornate drammaticamente oggi più che mai necessarie. Infatti, l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza che Margherita Hack narra in queste pagine ci riportano a una Firenze che non esiste più, quella del Ventennio: i giochi dei ragazzi, le abitudini familiari, la vita semplice di allora e il crescendo di violenza, povertà e paura che il deteriorarsi della situazione politica comportò. Successivamente, saltiamo dalla bicicletta a cavallo della moto con Margherita e l’inseparabile Aldo e poi a bordo della macchina, mentre l’Italia ferita del dopoguerra lascia il posto a quella desiderosa di riscatto del boom economico che, pagina dopo pagina, cresce insieme al progredire della carriera della Hack nell’ambito della ricerca.
Una carriera che la condusse a divenire docente universitaria di Astronomia all’Università di Trieste, direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Trieste e membro delle più note società fisiche e astronomiche nonché dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
In un’intervista apparsa su La Repubblica.it il 12 febbraio 2006, la giornalista Laura Laurenzi chiedeva a Margherita Hack che cosa avrebbe portato con sé se si fosse dovuta o potuta trasferire su Marte. La risposta era arrivata senza esitazioni: "Guerra e Pace, la Montagna incantata, Vivaldi, Mozart e Bach. E anche la mia amatissima bicicletta: su Marte sicuramente non c'è traffico". E voi, con quale bagaglio affrontereste un periodo di permanenza su Marte?
Articolo citato:
https://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/persone/hack/hack/hack.html