“Tante cose del Palio non si devono raccontare”. Intervista a Emilio Ravel

il 29/06/2009 - Redazione

Una voce che racconta, un’anima che si infervora. A Siena è tempo di Palio, un evento magico che infiamma la città dopo il torpore dell’inverno, che scatena i suoi abitanti e incuriosisce i turisti. Di questa magia che si ripete due volte l’anno Emilio Ravel è il testimone e commentatore per la Rai, il giornalista che va al di là della Festa alla ricerca dei misteri che rendono la Carriera di Siena uno dei soggetti più attraenti per il mondo della televisione e della letteratura. Tanto affascinante, quanto sfuggente.

Quale è la differenza tra raccontare il Palio attraverso le immagini e attraverso le parole?
“Il Palio è un soggetto interessante che deve essere analizzato da più punti di vista per capirne la vera essenza. Ha un lato fantasmagorico legato ai costumi, alle bandiere e alla corsa entusiasmante, e quello della contrada, le piccole comunità che si riuniscono e che hanno un grande insegnamento da dare: come si sta insieme. Aspetti fondamentali del Palio da far capire visivamente e con la confidenza che la voce ispira. Nel 1962 Luciano Emmer ha realizzato un documentario sul Palio e la cosa che più lo colpì fu la gente di Siena che in quei giorni era diversa dal solito, era speciale. Questo insegna con quale confidenza e attenzione bisogna avvicinarsi al Palio, la cui vera essenza sono i senesi e il loro modo di stare insieme”
I senesi conoscono bene il Palio. I non senesi come lo vedono?
“Si meravigliano molto di come dietro a questa corsa così vivace presentata spesso in modo folkloristico, in realtà ci siano tanti altri aspetti interessanti. Io scelgo ogni anno un tema per illustrarlo, un modo per incuriosire e andare più in profondità. Quest’anno si parlerà del cavallo del Palio “.
E’ cambiato il modo di raccontare il Palio negli anni?
“Molto. Il Palio di Silvio Gigli era in un modo, quello di Emilio Fede in un altro, poi ci sono stati Pancani e Frajese. Dal 1993 ho deciso di portare dentro il Palio vari spezzoni di dietro le quinte, quindi la vita in contrada, il modo di gestire il cavallo, quanto si fa per mantenere l’incolumità di cavalli e uomini. E’ importantissimo far vedere e raccontare”
C’è qualcosa del Palio che ancora non è stato raccontato?
“Ci sono tante cose che non si devono e non si possono raccontare perché sono il mistero di qualcosa che è una festa, una corsa, un rito. Non possiamo portare le telecamere quando vengono presentati i fantini ufficialmente, è un rito. Ci sono, poi, altri momenti dove si può entrare ma in punta di piedi e in altri dove non si può entrare per niente come la riunione dei capitani per scegliere i cavalli. A forza di vedere tutto, il Palio perderebbe l’alone di mistero che lo avvolge e lo rende speciale”
Quanto il Palio affascina la letteratura?
“Il Palio è un argomento vivissimo. Siamo di fronte a un qualcosa che suscita immediate simpatie e effervescenze. E’ però un soggetto traditore. Per esempio non c’è un film che abbia raccontato il Palio. La ragazza del Palio è un film carino, che racconta alcune cose, ma non è il Palio. Non ci può essere un libro sul Palio perché a me, per esempio, ogni volta viene un modo diverso per approcciarmi a questa Festa, un nuovo taglio da dare al racconto e quindi diventa impossibile cominciare a scrivere”
Pregi e difetti del Palio?
“Non vedo difetti, il Palio rallegra gli animi delle persone ed è in continua evoluzione. I difetti sono nelle persone. L’innovazione che sta avvenendo può essere discussa. Per esempio si dice che i ragazzi bevono spesso in contrada, ma non è colpa del Palio. Oppure si dice che sta scemando l’interesse per la contrada ma non è colpa del Palio, che, a Siena, riceve tante sollecitazioni dalla società. E’ come una grande spugna che assorbe quello che la società gli trasmette e poi lo rigetta fuori trasformato”.

Susanna Danisi

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